Le nuove risorse del consulente del bellessere

Quali sono le qualità che un consulente del bellessere di alto livello dovrebbe avere? Che cosa fa la differenza dalla massa d’improvvisatori?

La differenza è rappresentata da ciò che concretamente riesce a dimostrare sul lungo termine. In un’epoca in cui una buona parte della comunicazione è virtuale, ipotetica, non immediatamente verificabile, chiunque può raccontare, per esempio attraverso un profilo Facebook, cose fantastiche sul proprio lavoro.
Ma se le cose scritte non corrispondono alla realtà e mancano le competenze tecniche e artistiche, gli elementi comunicativi, psicologici, comportamentali e relazionali, le clienti se ne accorgeranno e nulla è più deludente del sentirsi ingannati. Basare la propria attività sulle bugie illudendosi che siano sufficienti per tenere un negozio aperto ormai è impossibile: la crisi economica ha accentuato ancora di più la differenza tra professionisti e non, improvvisati ed esperti, e, per quanto questa selezione è spietata, fornisce la possibilità solo a chi è veramente capace di proseguire nel proprio mestiere.

Si tratta di una professione che già nel passato necessitava di abilità comportamentali e comunicative superiori alla media, come si afferma nel periodico settimanale “il parrucchiere italiano” pubblicato nel 1885.

Il consulente del bellessere deve essere il lavoratore galante per eccellenza: deve essere piacevole all’udito, saper parlare con eleganza in una buona lingua, dovendo conversare con diverse classi sociali. Non sarebbe difficile vedere deserto un bel negozio di abile parrucchiere o estetista anche solo per il fatto che il conduttore è un idiota dai modi grossolani e sgradevoli tanto da far fuggire i clienti.

Baldini, esperto conoscitore del settore, ha stilato un decalogo che descrive in modo sincero le abilità e le virtù, del passato e del presente, che ogni consulente del bellessere dovrebbe saper possedere e alimentare.

Le analizziamo di seguito:

Deve prestare la massima attenzione alla “qualità attraente” e ai bisogni latenti dei clienti.

Per comprendere profondamente le clienti, non ci si può basare solo sui bisogni espliciti, ma occorre cercare e soddisfare soprattutto quelli latenti, cioè quelli definiti attraenti.
La differenza tra i due è rappresentata dal fatto che i primi sono collegati alle necessità (colorare i capelli per sentirsi più giovani femminile belle, o fare la ceretta per stare pulite e in ordine).
I desideri, però, non sono sempre così evidenti, le clienti spesso non sono in grado di esprimerli o dichiararli, perché non li sentono come tali fino al momento in cui non verificano i benefici che derivano dalla loro soddisfazione.
Attraverso il dialogo, il consulente può far emergere le aspirazioni più nascoste, accompagnare le donne nel loro processo di metamorfosi, totale o parziale, temporaneo o duratura. Cambiare ogni tanto la prova immagine è positivo perché aumenta la sicurezza in sé stessi e il senso di rinnovamento.

Deve essere un ascoltare festivo.

Cioè un ascoltare vero, attivo, altruista, profondo, empatico, in grado di mettersi nei panni dei clienti e, ponendo le giuste domande, di comprendere non solo il loro personale linguaggio, ma anche i sentimenti collegati, “assumendo un atteggiamento da coach”.
Attraverso quest’ascolto è più facile entrare in una relazione autentica perché emergono naturalmente la disponibilità e l’accoglienza verso l’altro.

Deve essere un interprete creativo.

Interpretare vuol dire attribuire un significato a qualcosa, in questo caso alle richieste e ai desideri delle clienti e, assecondando le loro personalità, tradurre creativamente un’acconciatura, un taglio, un colore e un trattamento del corpo in un messaggio concreto.
L’aspetto più complesso di questo punto consiste nel decifrare i segnali ricevuti in modo oggettivo, senza farsi influenzare dai propri gusti personali, e non imponendo il nostro stile su uno stile diverso.

Deve saper armonizzare la tecnologia con la creatività.

Mai come negli ultimi 15 anni la tecnologia (macchinari tecnici, computer, ecc.) e le ricerche scientifiche (prodotti), hanno contribuito a migliorare il lavoro e i risultati dei consulenti del bellessere: l’artigiano si unisce alla scienza dando origine a una nuova forma di arte, più completa e possibilista.
Il progresso però non deve sopprimere gli aspetti “magici” di questa professione, li deve mantenere, armonizzandoli con la modernità, utilizzandoli come strumenti migliorativi per il proprio lavoro.

Devi essere un creatore di emozioni.

Le acconciature delle donne, intese come miglioramenti dell’aspetto fisico e del viso, devono essere ammirate naturalmente dagli altri per far sentire le clienti “uniche”.
L’unicità si può raggiungere solo attraverso una personalizzazione delle proposte.
Portare per un lungo periodo lo stesso taglio o lo stesso make-up deve essere una scelta del cliente, consapevole di un inno alla pigrizia e non di mancanza di creatività del consulente.
Scrive McKracken: “il bravo consulente può essere un partner superbo nel processo di autotrasformazione”.
Nessuno può testimoniare i cambiamenti di vita importanti di una persona come un consulente del bellessere, che, nel passaggio da un “Io” all’altro, diventa un po’ terapeuta, un po’ consigliere, un po’ amico, un po’ genitore.

Deve saper psico-personalizzare le mode.

La moda ha sempre influenzato il mondo delle acconciature e dell’esaltazione del corpo, anche se ha perso il suo potere totalitario.
La Moda non è più l’unica a dettare i canoni estetici di riferimento, anche se la sua influenza è sempre importante.
Ora suggerisce in modo più morbido, diversifica, offre alle donne la possibilità di scegliere in quale tendenza identificarsi e giocare con il proprio look tutte le volte che lo desiderano.
Il processo di psico-personalizzazione avviene quando il consulente riesce a trasformare un messaggio generico in qualcosa di confidenziale, individuale, proprio.

Deve saper promettere la felicità attraverso la bellezza.

Helena Rubinstein, una delle più grandi creatrici di cosmetici ha reinventato la bellezza rendendola “democratica”, cioè alla portata di tutte. In un suo libro ha scritto “non esistono donne brutte, ma solo donne pigre”, cioè donne che non dedicano un po’ di tempo alla loro valorizzazione.
Prendersi cura di sé stesse vuol dire amarsi.
Ognuno può farlo a modo proprio, l’importante è che l’immagine allo specchio produca gioia e compiacimento.
La consapevolezza della propria fisicità non può scollegarsi dal concetto di percezione estetica, quella su cui si deve concentrare il consulente, artista e profondo conoscitore della bellezza autentica.

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